giovedì 26 agosto 2010

Schizofrenia nel mondo del lavoro

Ormai non dovrebbe più stupirci il livello di schizofrenia raggiunto dalle esigenze del turbocapitalismo imperante. Ma ogni volta si raggiungono nuovi livelli di arroganza e di pretese da parte delle vestali del liberismo, dell’economia eretta a totem, a cui tutti devono prostrarsi. Il tasso di disoccupazione vola, milioni di senza lavoro affliggono la nostra Nazione, magari persone preparatissime, con ottime conoscenze e disponibili a fare esperienze diverse, a re-impiegarsi, ad apprendere un nuovo mestiere, ma sui giornali compaiono articoli a dir poco , che sono una mazzata per tutti quelli che disperatamente cercano un lavoro con cui poter campare e mantenere la propria famiglia.
Paradossalmente, alcuni famigerati ‘monitoraggi’(come quello annuale del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro) denunciano non l’assoluta mancanza di investimenti per il futuro e di flessibilità nelle assunzioni da parte delle stesse aziende, quanto piuttosto ‘malgrado la crisi, rimane un’incomunicabilità tra bisogni delle aziende e formazione dei lavoratori. Un gap non nuovo, frutto di una formazione che spesso non orienta i giovani verso le professioni più ricercate’!
Secondo il presidente di Unioncamere “le aziende, pur attraversando una fase molto difficile della loro storia, DEVONO assumere personale qualificato e formato: solo in questo modo avremo gli strumenti adeguati per fronteggiare le sfide internazionali e colmare il gap esistente tra domanda e offerta di lavoro”!
Insomma, abituati (ed obbligati) ad essere flessibili, precari e con sempre meno Diritti, i lavoratori si sentono anche dire che, oh, avrebbero dovuto studiare e prepararsi secondo le esigenze dei datori di lavoro, esigenze che ovviamente mutano nel giro di poco tempo, ma tant’è, spetta ai lavoratori colmare il ‘gap’!
Da anni le aziende, le uniche entità degne di avere Diritti nella nostra evoluta società, si sono abituate a pretendere TUTTO, senza mai dover niente in cambio che non sia il misero salario che, per ora, è ancora previsto (ovviamente fino a quando sarà reintrodotta un qualche forma di schivitù a base di pane-e-acqua, perché, ci sarà detto da politicanti insulsi asserviti all’ideologia liberista e da economisti al soldo delle corporation, ‘così vogliono la globalizzazione e il mercato’, le supreme divinità a cui chiunque si deve asservire!).
Uno ingenuamente potrebbe chiedersi: ma non spetterebbe alle aziende addestrare il lavoratore appena assunto, ad investire nella formazione (parola di cui tutti si riempono abbondantemente la bocca) del proprio personale, a far crescere con appositi percorsi mirati la propria ‘forza lavoro’? D’altronde, da più parti ci viene detto che sono i lavoratori il vero capitale dell’azienda!
Ma figurarsi! La maggior parte delle aziende, prive ormai di visioni a medio e lungo periodo e abituate da politiche conniventi a dover solo pretendere-pretendere-pretendere e lamentarsi-lamentarsi-lamentarsi, hanno deciso di non fare più formazione (costa!), di non preparare più i lavoratori, di non investire nel loro futuro, ma piuttosto di aspettarsi dalla società (senza costi!) la fornitura del lavoratore su misura!
Mancano le capacità richieste? E’ colpa della scuola, che commette il gravissimo crimine di ostinarsi ancora a cercare di offrire una Cultura ai cittadini di questa Nazione e non invece, come dovrebbe secondo i dettami della stramaledetta globalizzazione, ad ubbidire ai ‘bisogni’ e ai capricci insensati di aziende a cui è già stato dato tutto (possibilità di fare contratti di formazione e apprendistato fino ai 29 anni, libertà assoluta negli straordinari, flessibilità totale nei contratti, libertà di mascherare lavori con forme di stage, tirocini fantasma, partite Iva fasulle, ecc.)
Alle aziende non basta mai: ai lavoratori si richiede una completa flessibilità, si pretende di trovare lavoratori disponibili, preparati, addestrati, formati, flessibili, laurea e master col massimo dei voti, con esperienza pluriennale, che parlino 2-3 lingue, disponibili a viaggiare, senza vita privata e, aspetto sempre più centrale, bella presenza, giovani e giovanili (eh si, perché chi vuole più un 40enne anche se con tanta esperienza? I film americani insegnano, il giovanilismo coatto impera sovrano! E poi i giovani sono meno scafati, più integrati negli stili di vita americanoidi, più allineati ai voleri gerarchici rispetto a 40enni che magari chiedono il rispetto per le loro conoscenze ed esperienze e sono un pò meno docili nei confronti dell’arroganza dei nuovi schiavisti), estendendo forme di estrema discriminazione che però, essendo corollario integrante del neoliberismo, sono accettate e incoraggiate!
E in cambio? Le aziende sono invece rigidissime nelle loro esigenze: i lavoratori, naturalmente, si pretendono a basso costo, con tutte le caratteristiche richieste e di più, a tempo iperdeterminato (magari ‘in nero’), proni ad ogni richiesta e con l’obbligo di sottostare ad ogni capriccio di capetti e al mobbing aziendale, senza poter accampare il benchè minimo diritto. E, ovviamente, disponibili ad essere licenziati, rottamati, espulsi appena si presentino le condizioni per farlo!
Insomma, non esseri umani, non più ‘lavoratori’, ma ingranaggi, parti, pezzi, da gettare quando non più utili, appena si profila (Fiat insegna) un minimo calo dei profitti.

lunedì 9 agosto 2010

Disastro occupazione!

Non si arresta il crollo dell'occupazione nel nostro Paese.
Nell’ultimo trimestre di quest’anno potrebbero essere circa 70.000 i posti di lavoro a rischio in Italia. E’ quanto stima la Cgia di Mestre, secondo cui “quest’anno dovremmo registrare 181.000 occupati in meno rispetto al 2009. I senza lavoro dovrebbero toccare quota 2.258.000 facendo attestare il tasso di disoccupazione al 9%”.
Negli ultimi due anni la crisi economica ha bruciato 561.000 posti di lavoro facendo aumentare il tasso di disoccupazione di 2,3 punti. Infatti nel 2008 la disoccupazione si era fermata al 6,7%.
Cgia sottolinea infine “con preoccupazione” l’aumento degli inattivi, di coloro che hanno deciso di non cercare più attivamente un posto di lavoro. Al 30 giugno di quest’anno, il tasso di inattività (nella fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni) ha toccato il 37,6%. In termini assoluti invece sono aumentati, rispetto al 2009, di 103.000 unità (pari al +0,7%), raggiungendo la quota assoluta di 14.876.000.
Se continua così, ci aspetta un futuro di miseria, altro che i bla-bla-bla di economisti e politicanti asserviti alle logiche mondialiste!